mercoledì 19 ottobre 2016
martedì 11 ottobre 2016
Articolo pubblicato su la Gazzetta del Sud - Venerdì 7 ottobre 2016 - La soluzione progettuale pensata dall'ingegnere Achille Baratta - Piazza Cairoli in Sicurezza
Cairoli, un piazzale degli artisti al posto del parquet disastrato
Il cuore pulsante della città nei ricordi di Mollica, Rol e Bonardelli
di Sergio Di Giacomo
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Sergio Di Giacomo
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Messina ME, Italia
sabato 1 ottobre 2016
Articolo pubblicato su MOLESKINE - anno 9 n. 9/10 - Settembre 2016 - LA METROSTRETTO - Lunga è la strada e larga la via. Basteranno i cannoni?
LA METROSTRETTO
Lunga è la strada e larga la via.
Basteranno i cannoni?
Achille Baratta
“Il bersaglio” è
un insieme di saggi sulle professioni in cui si è inserito uno scritto di
Alberto Mondini dal titolo “L’ingegnere”; erano gli anni Sessanta e si sentiva
la necessità di una moderna inchiesta giornalistica sull’evolversi delle
vecchie e nuove professioni frugate nella loro realtà e nelle loro prospettive
al di fuori di ogni schema convenzionale.
Poi, passarono
gli anni ma non si definirono mai gli schemi; forse l’autore intravedeva il
tramonto del tecnigrafo che aveva sostituito la riga a T sui tavoli degli
ingegneri.
Alberto Mondini
va oltre e vede per la prima volta nell’ingegnere, oltre al progettista, il
dirigente e scrive: “Poiché non sussiste
vera tecnica se non costruita su base di economia obbiettivamente sana – cioè
aderente alle richieste del mercato – è ovvio che l’ingegnere ha bisogno di
essere indirizzato e sorretto, specialmente nei settori che rivestono carattere
applicativo e professionale, non solo dal docente che, nell’ambito degli
attuali programmi, può indicare solo vie e concetti fondamentali atti a
illuminare la stretta relazione fra produzione ed economia, ma da un complesso
di attività fatto di sperimentazione, di indagine e di letteratura capace di
offrire allo studio fondamentale quegli indispensabili complementi che
formeranno del laureato – e più sollecitamente che sia possibile – un elemento
capace di assumere responsabilità economiche”.
Qualcuno dice
con arroganza che una sola non manca al progettista-professionista: la noia.
Nell’aprile
2016, con l’editore Nottetempo, Luca Molinari scrive “Le cose che siamo”.
“La casa diventa voce psicanalitica di chi la
desidera e di chi la progetta. E le finestre non sono più mediazione tra la
forma della città e la residenza, ma riflesso di un’interiorità soggetta a
cambiamenti radicali. Le ville bianche di Loos, tra Austria e Cecoslovacchia,
con elegante ermetismo rivelano da una parte il sogno di un lontano e assolato
Mediterraneo, e dall’altra l’idea che la casa sia il prodotto di un pensiero
completamente privato. Gli eleganti volumi ancorati alla terra sono l’immagine
più estrema, di una borghesia ormai indifferente alla città, al suo rumore e
alla sua folla. Ogni casa è un labirinto della mente, dei ricordi e delle
memorie che vi si andranno a sedimentare”.
Luca Molinari è
critico e tiene un’interessante rubrica di architettura sul settimanale
“L’Espresso”.
Lui scrive, tra
l’altro: “Il progettista romano Franco
Purini in un lavoro grafico e visionario del 2000 aveva immaginato una città
per un milione di persone costituita da un milione di abitazioni. Per ogni
casa, un abitante che vi avrebbe prima vissuto, poi l’avrebbe avuta come tomba.
Alla fine della città avremmo avuto una monumentale, immensa necropoli. È
un’immagine chiara: ognuno di noi è una, casa che non ci abbandona mai e in cui
ritirarsi nell’ultimo respiro. Si nasce soli e si muore soli. Prima cresciamo
nel ventre materno, vera abitazione-città all’origine della nostra esistenza,
poi abbiamo bisogno di una casa nostra, luogo sacro, unico, indiscutibile, che
può ampliarsi nel tempo ma che, alla fine, rimarrà sempre e comunque la stanza
segreta in cui sarà concesso chiudersi all’ultimo”.
Sì, le case ma
chi le progetta? Chi le pensa?
Non si può
certamente identificare solo sul costruito o sul costruire, occorre allargare
lo sguardo e occuparsi di urbanistica e, soprattutto, del territorio come una
fabbrica di eventi, di panorami e di silenzi che devono guidare al mondo; ci
sono e voglio essere interconnessi e sorvolati.
All’ingegnere,
all’architetto si aggiunge una nota figura: quella dell’ideatore senza scopo di
lucro che crede nella propria proposta e si ribella alle barriere della cultura
e della politica che non sanno guardare dall’alto.
Al Circolo della
Stampa di Milano, con grande eco nazionale, viene presentata “La metropolitana dello Stretto di Messina”:
un collegamento a cinquanta metri d’altezza tra la Stazione Marittima di
Messina e l’Aeroporto dello Stretto.
L’attraversamento
dello Stretto ricalca quello già esistito tra le due sponde e costituisce un
unicum mondiale, studiato da Massimo Majowiecki.
L’idea più redditizia al mondo una metropolitana che conurba le due sponde
dello Stretto e non solo, è autosufficiente, è diventa la centrale fotovoltaica
più grande del Sud.
Il sindaco di
Messina è preso da altre mille problemi, compresa la sua sopravvivenza di
Sindaco di quella città “No Ponte”.
La sua battaglia
è terminata con l’appalto dell’opera e le sue finte di inizio lavori. Ma la
verità è più cruda: l’opera e quindi il contratto non aveva copertura
economica.
Tutto nel nostro
Paese diventa normale; i ministri, a loro insaputa, comprano casa o fanno
assumere i loro congiunti.
È meno normale
proporre un’idea, i colleghi vogliono sapere i particolari e precedenti e se
esistono al mondo soluzioni simili.
Tutto è sotteso
da un’ignoranza abissale, che ha varcato lo Stretto ed è già un cittadino del
mondo. Niente di nuovo, la storia si ripete. La domanda più semplice è quando si
farà?
Loro dimenticano
che a Messina il museo è in costruzione da un numero infinito di anni e che il
nostro Assessore Regionale al Turismo non riesce ad aprirne almeno un salone.
Non è divisibile in lotti, o meglio non ci hanno pensato mai: i lotti funzionali
sono contro legge.
A proposito, la
metropolitana è realizzabile in piccoli lotti e con la partecipazione di tutti.
Il tempo previsto: 18 mesi; la spesa leggermente superiore a quella del
contenzioso con l’impresa contraente che lievita ogni giorno e va oltre i 700
miliardi di euro.
Il sindaco,
proviene dalla scuola e la ama come sua seconda casa e alla casa volante non ci
crede.
Quelli
dell’altra sponda dicono che li vogliamo invadere e che loro preferiscono non
mescolare i Peloritani con l’Aspromonte.
Eppure i loro
piani regolatori redatti da Samonà e Quaroni hanno sentito l’aria della
conurbazione invocata dai progettisti.
Ma la vera
domanda è: “Chi progetta: l’ingegnere, l’architetto o la politica?”
E la politica da
chi è fatta nel nostro Sud, non pensata alla mafia, perché sbagliate con
certezza.
Chi propone il
nuovo è un visionario, ma il vecchio che ci ha dato? La disoccupazione
giovanile è alla soglia di rottura; in Sicilia 700.000 giovani, di entrambi i
sessi non studiano né lavorano; sono esperti in astronomia, guardano le stelle
nelle notti di luna chiedendosi se durerà e fino a quando?
Renzo Piano nel
1990 per la sua Genova aveva guidato il futuro dei trasporti; si chiama
Metrogenova e dichiarava “Porterò la
gente in Piazza, per fermarmi dovranno prendermi a cannonate”; ma qua, in Sicilia,
ai cannoni suppliamo “a scupetta”.
Nel capo delle
arti creative niente di nuovo. Susumo Shingu con la sua vita e le sue opere ne
è l’ispiratore.
Ecco la sua vita
professionale: Nasce ad Osaka, in Giappone nel ‘60 si laurea a Tokyo, all’University of
Arts, ottiene una borsa di Studio dal Governo Italiano, e studia all’Accademia di Belle Arti di Roma. Del 1962-1966 sono le prime mostre collettive il
Italia, Austria e Germania. Torna in Giappone e nel 1967 tiene a Tokyo la prima
mostra all’aperto intitolata “Wind structures”.
Viene selezionato per l’Expo Internazionale di Osaka
e durante il 1971-1972 è visiting artist all’Università di Harvard. Tiene a New York, al Pepsi-Co, Purchase, una mostra
all’aperto intitolata “Wind and Water Sculputures”. Harry N. Abrams, pubblica la prima monografia
“Shingu”. Vince in Giappone varie importanti mostre di scultura e nel 1984
tiene al Museo d’Arte Moderna di Hyogo una personale intitolata “Breathing
Sculptures” e una personale alla Galleria Civica di Kanagawa nell’86. Vince il
Gran Premio di Yokohama e il 18° Gran
Premio dell’Arte Giapponese, nel 1987 espone una mostra itinerante all’aperto
intitolata “Windcircus” a Brema, Germania; a Barcellona in Spagna e a Lahti in
Finlandia. È invitato a Seoul per creare una scultura all’aperto per il Parco
Olimpico. Nel 1989 vince il Gran Premio Speciale Henri Moore e tiene una
personale a Parigi, all’Arts Center.
Questo è il vero
simbolo della professione/idea, a cui dedicherò quella piccola parte di vita
che mi resta.
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