giovedì 17 novembre 2016

Articolo pubblicato su 100NOVE - ANNO n. II - NUMERO 43 - 17 Novembre 2016 - L’ITALIA CIVILE E L’OBESITÀ

L’ITALIA CIVILE E L’OBESITÀ

Achille Baratta



“Numerosi studi, in particolare quelli più recenti, hanno dimostrato che le persone sovrappeso e obese, prese nel loro insieme, non presentano disturbi psico­patologici maggiori significativamente più frequenti né più gravi né tipici rispetto agli individui di peso normale. Tuttavia il pesante stigma sociale che colpisce l’obesità, l’orientamento lipofobo della società contemporanea che esalta la magrezza e disprezza il grasso non è senza conseguenze, soprattutto per alcuni soggetti. Come hanno suggerito da tempo Friedman e Brownell, non dovremmo più cercare se le persone in eccesso di peso presentino di­sturbi psichici più spesso di quelle normopeso; ma piuttosto provare a capire quali soggetti, nella vastissima ed eterogenea popolazione sovrappeso/obesa, sono più esposti a vivere male la loro condizione morfologica e, quindi, sono più vulnerabili sul piano psicopatologico. È un orientamento della ricerca indicato dall’espressione inglese «risk-factor approach», coerente con un principio generale, «fil rouge» del nostro libro: il termine «obesità», per il criterio con cui è definito, copre una campo di fenomeni molto eterogenei. Tanto più nell’area degli aspetti psicosociali”.
Il “nostro libro” è quello di Ottavio Bosello e Massimo Cuzzolaro dal titolo “Obesità”, edito da “il Mulino”, stampato su carta Munken Print White di Arctic Paper, una riflessione questa che riguarda i rapporti tra obesità e rapporti psichici. Tutto gira intorno ad un interrogativo:
“L’obesità è una malattia? più sì che no; certo è che all’accumulo adiposo si associano spesso patologie somatiche, menomazioni funzionali e difficoltà psico-sociali; la speranza di vita tende a ridursi e la sua qualità a peggiorare, anche a causa dello stigma che incombe sulle persone grasse. In questo libro si affrontano tutti i problemi connessi all’obesità, dalle cause al perché della sua diffusione, dalle attuali possibilità delle cure mediche alla spinosa questione della chirurgia bariatrica, fino alle controversie intorno ai programmi di prevenzione”.
Ottavio Bosello ha insegnato Medicina interna nella Università di Verona, Massimo Cuzzolaro, Psichiatria e Psicologia Clinica alla Sapienza di Roma.
Ma il loro scritto, su un delicatissimo tema sociale, che dall’America ora passa a noi europei è il frutto di una ricerca  capillare che è esposta nelle note del capitolo terzo.
In questo periodo di crisi economica, parlare degli antistecchini e della formosità esagerata è un momento di riflessione importante per i suoi aspetti sociali. Al di là della interpretazione metafisica e prettamente professionale l’attenzione viene rivolta verso l’individuo perché dopo l’analisi viene la cura: quando il fondo dell’abisso è stato toccato si ricomincia a salire.
Tra le altre righe si legge lo sforzo degli autori di andare oltre in tre direzioni canoniche della esigenza profonda di liberazione, della libertà dal bisogno, della libertà della diseguaglianza dei punti di partenza, della libertà dal lavoro digitalizzato, e che pur partendo dal bisogno fondamentale del vivere si protrae nel bisogno umano che oscilla tra amicizia e speranza.
Con queste fondamentali illuminazioni gli autori dibattono il problema dividendolo per capitoli il cui ordine non è casuale: una pandemia contemporanea; geni e peso corporeo; tra malattia e fattore di rischio, tra soma e psiche; le cure attuali e i loro limiti, costi dell’obesità e tentativi di prevenzione e, infine, una riflessione col legame con una malattia diabolica come il diabete, ecco quello che scrivono:
“Volgiamo ora l’attenzione al diabete, in particolare al tipo 2, responsabile di oltre il 90%. di tutti i casi di dia­bete e strettamente collegato all’obesità.
Negli Stati Uniti i malati di diabete, adulti e bambini, sono quasi 26 milioni, l’8,3 % della popolazione. Le per­sone giudicate secondo i parametri attuali in stato di pre­diabete sono 79 milioni. Tra gli adolescenti, la prevalenza del diabete, in particolare del diabete di tipo 2 legato all’obesità, è salita dal 9% nel 2000 al 25% nel 2008.
Nèl 2030 in Europa, una persona adulta su dieci sarà malata di diabete secondo le proiezioni dell’International Diabetes Federation. Per quanto riguarda l’Italia, dati re­centi e accurati relativi agli anni 2000-2011 sono stati diffusi on line dall’ISTAT attraverso il documento «Il diabete in Ita­lia». Riassumiamo sinteticamente qualche dato indicativo.
Tra il 2000 e il 2011 il numero dei malati di diabete nel nostro paese è salito di circa 800 mila unità. Il tasso standardizzato di prevalenza per 100 persone è salito da 3,9 a 4,6. Le tre cause principali di aumento sono state, con ogni probabilità, l’obesità, la sedentarietà e l’invec­chiamento della popolazione.
Come risultato, nel 2011 quasi 3 milioni di italiani hanno dichiarato di essere affetti dal diabete. Dal punto di vista della distribuzione geografica, i valori più elevati riguardano il Sud con circa 900 mila casi. Quanto al sesso, il diabete è più diffuso fra i maschi, almeno fino ai 74 anni. La prevalenza è maggiore nelle classi socioeconomiche più basse, dove sono anche più diffusi i maggiori fat­tori di rischio: obesità e inattività fisica.
La diffusione (prevalenza) aumenta con l’età: su 100 diabetici 80 hanno più di 65 anni e oltre i 75 anni almeno un italiano su cinque è colpito da questa patologia. Tra gli anziani affetti da diabete circa un terzo vive da solo. Il dato va incrociato con l’alta frequenza delle complicanze a lungo termine della malattia che, come si sa, sono profon­damente invalidanti: cardiopatie, malattie cerebrovascolari, insufficienza renale, glaucoma, retinopatie, cecità ecc.”.
Questo, come tutti i miei scritti esaltano la figura dell’“Uomo sapiens” perché sono fortemente convinto che l’informazione e la professionalità non possono scindersi perché sono entrambi essenziali e fondamento di una nuova Italia civile.
Noberto Bobbio aveva trattato questa tematica generale nel 1964 con un libro edito da Lacaita Editore, ma visto lo stato attuale della nostra civiltà è servito a poco. Eppure lui si chiama Noberto Bobbio e di obesità non si parlava perché si chiama opulenza.