L’ITALIA CIVILE E L’OBESITÀ
“Numerosi studi, in particolare quelli più recenti,
hanno dimostrato che le persone sovrappeso e obese, prese nel loro insieme, non
presentano disturbi psicopatologici maggiori significativamente più frequenti
né più gravi né tipici rispetto agli individui di peso normale. Tuttavia il
pesante stigma sociale che colpisce l’obesità, l’orientamento lipofobo della
società contemporanea che esalta la magrezza e disprezza il grasso non è senza
conseguenze, soprattutto per alcuni soggetti. Come hanno suggerito da tempo
Friedman e Brownell, non dovremmo più cercare se le persone in eccesso di peso
presentino disturbi psichici più spesso di quelle normopeso; ma piuttosto
provare a capire quali soggetti, nella vastissima ed eterogenea popolazione
sovrappeso/obesa, sono più esposti a vivere male la loro condizione morfologica
e, quindi, sono più vulnerabili sul piano psicopatologico. È un orientamento
della ricerca indicato dall’espressione inglese «risk-factor approach», coerente con un principio generale, «fil rouge» del nostro libro: il
termine «obesità», per il
criterio con cui è definito, copre una campo di fenomeni molto eterogenei.
Tanto più nell’area degli aspetti psicosociali”.
Il “nostro
libro” è quello di Ottavio Bosello e Massimo Cuzzolaro dal titolo “Obesità”,
edito da “il Mulino”, stampato su carta Munken Print White di Arctic Paper, una
riflessione questa che riguarda i rapporti tra obesità e rapporti psichici.
Tutto gira intorno ad un interrogativo:
“L’obesità è una malattia? più sì che no; certo è
che all’accumulo adiposo si associano spesso patologie somatiche, menomazioni
funzionali e difficoltà psico-sociali; la speranza di vita tende a ridursi e la
sua qualità a peggiorare, anche a causa dello stigma che incombe sulle persone
grasse. In questo libro si affrontano tutti i problemi connessi all’obesità,
dalle cause al perché della sua diffusione, dalle attuali possibilità delle
cure mediche alla spinosa questione della chirurgia bariatrica, fino alle controversie
intorno ai programmi di prevenzione”.
Ottavio Bosello
ha insegnato Medicina interna nella Università di Verona, Massimo Cuzzolaro,
Psichiatria e Psicologia Clinica alla Sapienza di Roma.
Ma il loro
scritto, su un delicatissimo tema sociale, che dall’America ora passa a noi
europei è il frutto di una ricerca
capillare che è esposta nelle note del capitolo terzo.
In questo
periodo di crisi economica, parlare degli antistecchini e della formosità
esagerata è un momento di riflessione importante per i suoi aspetti sociali. Al
di là della interpretazione metafisica e prettamente professionale l’attenzione
viene rivolta verso l’individuo perché dopo l’analisi viene la cura: quando il
fondo dell’abisso è stato toccato si ricomincia a salire.
Tra le altre righe
si legge lo sforzo degli autori di andare oltre in tre direzioni canoniche
della esigenza profonda di liberazione, della libertà dal bisogno, della
libertà della diseguaglianza dei punti di partenza, della libertà dal lavoro
digitalizzato, e che pur partendo dal bisogno fondamentale del vivere si
protrae nel bisogno umano che oscilla tra amicizia e speranza.
Con queste
fondamentali illuminazioni gli autori dibattono il problema dividendolo per
capitoli il cui ordine non è casuale: una pandemia contemporanea; geni e peso
corporeo; tra malattia e fattore di rischio, tra soma e psiche; le cure attuali
e i loro limiti, costi dell’obesità e tentativi di prevenzione e, infine, una
riflessione col legame con una malattia diabolica come il diabete, ecco quello che
scrivono:
“Volgiamo ora l’attenzione al diabete, in
particolare al tipo 2, responsabile di oltre il 90%. di tutti i casi di diabete
e strettamente collegato all’obesità.
Negli Stati Uniti i malati di diabete, adulti e
bambini, sono quasi 26 milioni, l’8,3 % della popolazione. Le persone
giudicate secondo i parametri attuali in stato di prediabete sono 79 milioni.
Tra gli adolescenti, la prevalenza del diabete, in particolare del diabete di
tipo 2 legato all’obesità, è salita dal 9% nel 2000 al 25% nel 2008.
Nèl 2030 in Europa, una persona adulta su dieci sarà
malata di diabete secondo le proiezioni dell’International Diabetes Federation.
Per quanto riguarda l’Italia, dati recenti e accurati relativi agli anni
2000-2011 sono stati diffusi on line dall’ISTAT attraverso il documento «Il diabete in Italia». Riassumiamo
sinteticamente qualche dato indicativo.
Tra il 2000 e il 2011 il numero dei malati di
diabete nel nostro paese è salito di circa 800 mila unità. Il tasso
standardizzato di prevalenza per 100 persone è salito da 3,9 a 4,6. Le tre
cause principali di aumento sono state, con ogni probabilità, l’obesità, la
sedentarietà e l’invecchiamento della popolazione.
Come risultato, nel 2011 quasi 3 milioni di italiani hanno
dichiarato di essere affetti dal diabete. Dal punto di vista della
distribuzione geografica, i valori più elevati riguardano il Sud con circa 900
mila casi. Quanto al sesso, il diabete è più diffuso fra i maschi, almeno fino
ai 74 anni. La prevalenza è maggiore nelle classi socioeconomiche più basse,
dove sono anche più diffusi i maggiori fattori di rischio: obesità e
inattività fisica.
La diffusione
(prevalenza) aumenta con l’età: su 100 diabetici 80 hanno più di 65 anni e
oltre i 75 anni almeno un italiano su cinque è colpito da questa patologia. Tra
gli anziani affetti da diabete circa un terzo vive da solo. Il dato va
incrociato con l’alta frequenza delle complicanze a lungo termine della
malattia che, come si sa, sono profondamente invalidanti: cardiopatie,
malattie cerebrovascolari, insufficienza renale, glaucoma, retinopatie, cecità
ecc.”.
Questo, come
tutti i miei scritti esaltano la figura dell’“Uomo sapiens” perché sono
fortemente convinto che l’informazione e la professionalità non possono
scindersi perché sono entrambi essenziali e fondamento di una nuova Italia
civile.
Noberto Bobbio
aveva trattato questa tematica generale nel 1964 con un libro edito da Lacaita
Editore, ma visto lo stato attuale della nostra civiltà è servito a poco.
Eppure lui si chiama Noberto Bobbio e di obesità non si parlava perché si
chiama opulenza.