giovedì 23 giugno 2016

CENTONOVE - Anno II - Numero 25 - 23 giugno 2016 - ATTI OSCENI IN LUOGO PRIVATO E ANCHE PUBBLICO

ATTI OSCENI IN LUOGO PRIVATO

E ANCHE PUBBLICO

Achille Baratta

Non abbiamo più Marco Pannella, piango, mi accingo a scrivere della storia di Libero Marsell, come personaggio “totale” che cresce con noi, pagina dopo pagina, nel libro scritto da Marco Missiroli “Atti osceni in luogo privato” edito da Feltrinelli e mi chiedo perché, a dispetto delle vanterie del Bel Paese, ricaviamo dall’industria turistica meno della Germania e, soprattutto, perché le nostre processioni si genuflettono costantemente non a Dio ma ai mafiosi e agli stragisti? Non vogliamo assolutamente renderci conto che la poesia, la letteratura, il paesaggio, il nostro patrimonio artistico sono il nostro terreno petrolifero, la fonte inesauribile della nostra ricchezza futura, tutto su una economia della cultura e della bellezza.
Di fronte a fatti criminosi che discreditano il Paese parlare d’altro è superfluo, ma probabilmente passare dalla copertina del libro di Missiroli per poi dalle prime righe del libro ci può servire:
“Avevo dodici anni e un mese, mamma riempiva i piatti di cappelletti e raccontava di come l’utero sia il principio della modernità. Versò il brodo di gallina e disse – impariamo dalla Francia con le sue ondate di suffragette che hanno liberalizzato le coscienze”.
Poi un riferimento secco al sesso orale, la crepa fu questa.
“Mamma lo fissò, Non ti azzardare più davanti al bambino, le sfuggì il sorriso triste. Lui continuò a raffreddare i cappelletti e aggiunse – sono una delle meraviglie del cosmo”.
La storia di un ragazzo per diventare uomo deve passare dall’infanzia, dall’adolescenza, dalla giovinezza fino alla maternità passando dalla nascita. Questo tornare indietro alla nascita nella parte finale mi porta a riflettere sul nostro Paese e mi chiedo se ancora deve nascere, e quando arriveremo alla maturità della civiltà e, soprattutto, ne saremo degni? Forse le riflessioni di Libero sono le nostre:
“L’ultimo anno e mezzo aveva cambiato il mio cervello: la collusione sentimentale e il sesso avevano invaso di endorfine i neuroni, che diventarono scaltri. All’intraprendenza intellettuale aggiunsi l’incoscienza: durante gli esami universitari mi presentavo con minor preparazione e suprema audacia. Il secondo anno andò meglio del primo. La placidità resisteva anche se in ostaggio del coito: qui davo voce alla contraddizione. Lo chiamavo Il lato insospettabile. Ebbi una prima avvisaglia la sera che vedemmo «Il colore viola» di Spielberg. Tornammo a casa in silenzio, la tenevo stretta pensando ai soprusi patiti da Celie e all’affanno del riscatto. Mentre scopavamo per lenirci dalle ingiustizie del film emerse l’insospettabilità. Lei era a pancia sotto, io la prendevo aggrappandomi ai fianchi, dal niente le schiaffeggiai il sedere. Colpii a mano aperta, ancora, Lunette alzò un pugno per dirmi di calmarmi e quel punto sussurrai Zitta negra. Dissi così: Zitta negra, e la forzai a terra. Lei si voltò di scatto, mi fissava. Sapeva, e sapevo anche io, che stavo perdendo del tutto la purezza”.
Poi la morte della madre e le riflessioni di Libero:
“Quando nel romanzo di Faulkner Addie Bundren morì, con lei se ne andarono i significati delle parole che aveva insegnato alla sua famiglia. «Maternità» l’aveva riempito con la dedizione ai figli, «sacrificio» con la tenacia con cui aveva sopportato un marito che detestava, «salvezza» con la rettitudine verso Dio e verso gli altri esseri umani, «passione» con un legame adultero indimenticabile. A «terra» aveva dato il significato sacro: ecco perché aveva chiesto una bara e un ultimo viaggio per essere seppellita nel punto dove voleva essere seppellita. Di parole ce n’erano molte altre, se le portò via tutte. Rimasero vuoti che i suoi orfani pronunciavano al vento. Era l’omaggio di Faulkner all’utero”.
Poi la paternità, e infine un’ultima riflessione: chi sono i nostri padri?
Eppure la risposta è sempre attuale: i nostri padri e i loro cognomi sono i nostri perché il Paese non sa cambiare i cognomi, sono sempre quelli che per generazioni ci accompagnavano nel potere, nel sottopotere e nella miseria della mafia che ci coinvolge, ci distrugge e ci soffoca con atti osceni di morte bianca e nera con tinteggiature di rosso in luogo pubblico col placet di chi ci tutela soltanto a parole guardando solo alla pelle delle chiese e di palazzi che sono tanto alti che non permettono di vedere i cittadini che in lontananza perdono entità così come gli atti osceni che da osceni diventano prodotto di importazione o di sopportazione di un Paese che ancora deve nascere. I risultati elettorali di questa ultima tornata lo dicono chiaro.
Un grazie lo devo a Marco Missiroli perché almeno ci ha insegnato come suo padre lo ha educato all’amore e alla vita attraverso i libri e anche una bibliotecaria ha da dire qualcosa e che anche alcuni atti erotici, che facciamo abitualmente senza dargli quella importanza che meritano possa essere una spinta a superare il nostro muro di ipocrisia per dare a Cesare quel che è di Cesare e al Paese quello che vuole disconoscere per ignoranza o per il rendiconto mafioso che poi si chiama corruzione e incapacità a tutti i livelli.
Per nostra natura non possiamo generare col fondo schiena, la schiena serve ad altro, o a che cosa non ve lo dico.
In questa Italia in cui avviene tutto al rallentatore oltre a imparare come calzare un preservativo dovremmo ricordarci che i figli si possono fare anche con le scarpe ai piedi e che il letto è un ripiego di quelli che gli atti osceni non li praticano se non in luogo aperto, alla luce del sole.
Andare in bianco la nostra passione preferita.
“Fai in modo di dare ad Alessandro il significato del tuo nome, Libero. È tutto lì, mio ometto di mondo”.














Nessun commento:

Posta un commento