Articolo: Giornale di Sicilia - Martedì 19 luglio 2016
A due scatti da
noi, le mani, i fiori, i tronchi, gli alberi, la natura, i profumi e un’isola:
Salina; Elisabetta Pandolfino ci ricorda e ricorda prendendoci per mano:
adesso, fermati, prova ad immaginare, a due scatti da te c’è uno sguardo di un
amico, c’era l’uomo che hai sempre sognato; c’è l’immagine di un bimbo, c’è la
natura, c’è un’isola: Salina … non è poi così distante.
Molto singolare,
noi ci fermiamo e ci chiediamo: come nasce un mito? La domanda è certamente
affascinante e fondata, quanto ripetitiva e noiosa; ma è l’unica vera domanda
che ti fa riflettere, meditare e qualche volta parteggiare con quella patina di
simpatia e antipatia che avvolge e sconvolge noi umani, che poi si trasforma,
per fortuna, in amore per il bello e, soprattutto, per le immagini di chi li
ritrae e chi andando oltre le trasforma in mito.
Un amplesso
forte fra l’autore inconsapevole e il fruitore innamorato.
La carta, lo
stampato, le foto ancora una volta oltre a creare un mito, abbattono le
barriere e ci legano, facendoci portare da quel vento che solo noi del sud
sappiamo assaporare perché è in noi ogni giorno, ci accarezza insieme alla
natura e ai volti, almeno quanto la prospettiva, la musica e le carezze.
Ma il punto
fondamentale sta solo nella semplicità del compendio l’esigenza di una visione
limitata del sapere, dove la ricerca scientifica goda di una dignità culturale
piena, senza la limitazione dei dettagli di minore importanza.
Un’opera è
sempre una sfida e nello stesso tempo una base concreta della progettazione di
molti percorsi formativi per i nostri giovani che da noi al sud vivono in una
situazione di isolamento da superare, non è provinciale, sono qualcosa di
ancora più remoto e storicamente mortale.
Siamo alla
presenza di un esempio per tutti, uno sforzo singolo che venendo dalle immagini
diventa studio sul linguaggio umano, singolarità cartesiana che si chiama
indagine qualitativa di una espressione dell’architettura neurobiologica del
nostro pensiero, che costantemente si modifica.
Lo sforzo
creativo che presenta è proprio la simbologia da mutare, del vivere, del
crescere, la testimonianza della casualità e del genio; infatti nessuno sa
quale sia la ricetta per una scoperta scientifica, allo stesso modo nessuno
conosce quella per un capolavoro artistico; nella scienza come nell’arte
vincono l’imprevisto e la fantasia, sorretta dalle spalle poderose del metodo e
della passione.
Elisabetta
Pandolfino schiude una finestra fiorita sull’infinito di un’isola e ci sussurra
in coro.
Il nostro
percorso continua porteremo con noi, un souvenir rappresentato da un delfino di
cristallo e i nostri scatti, con tutte le emozioni che ci regale Elisabetta
Pandolfino, insieme naturalmente al suo sorriso.
Achille Baratta
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